Il lambrusco

La coltura della vite caratterizza da tempo immemorabile tutto il territorio emiliano. Sull'antichità della presenza del vino Lambrusco non vi sono dubbi: già Plinio, trattando della vite e del vino, ebbe a citare la lambrusca, ossia una particolare specie di vite selvatica da cui era traibile l'agresto. Catone ne il "De Agricoltura" scriveva che la coltivazione della vite nella nostra area, della specie denominata lambrusca, rendeva circa 300 anfore di vino per Jugero.
Il vino rosso per eccellenza prodotto dalle uve del territorio modenese è il Lambrusco, prodotto nelle versioni DOC del Lambrusco Salamino di Santa Croce, del Lambrusco di Sorbara e del Lambrusco Grasparossa di Castelvetro: le 3 versioni sono apparentate, avendo determinati attributi comuni, ma ognuno di loro ha anche una propria fisionomia distinta da quella dei fratelli, che deriva innanzitutto dalle diversità delle caratteristiche naturali dei vitigni impiegati, dalle peculiarità delle zone di origine, differenti nella composizione del suolo e nel microclima, e per ultimo dal lavoro dell'uomo.

Il Lambrusco è un vino rosso dalle caratteristiche particolari, inimitabile, del tutto originale, straordinario e forse unico tra tutti i vini contemplati dall'intera enologia: l'insieme delle sue peculiarità è il risultato dello straordinario compendio delle terre, del clima e del carattere delle genti emiliane; uno strano impasto di cordialità, generosità, ma anche di schiettezza e di franchezza.
Un prodotto del quale in tutta l'Emilia, ed in particolare a Modena, si va particolarmente fieri e con cui si è instaurato un rapporto che non è solo di consumo, ma anche affettivo.
Modena è la culla di origine e la vera patria del Lambrusco, come testimonia un'ampia raccolta di documenti storici. Ma esiste un secondo motivo per cui in questa città siamo orgogliosi, ed anche un poco gelosi, del nostro vino rosso Lambrusco: Lambrusco è il nome di un gruppo di vitigni di matrice comune, tra loro simili, ma non identici, ed è proprio a Modena che si sono evolute quelle qualità di uve da sempre considerate le più nobili, l'autentica aristocrazia del Lambrusco, quelle varietà che a buon diritto possiamo considerare gli "antenati" dei tre tipi di Lambrusco DOC tutelati dal consorzio.
Con un carattere così allegro e gioviale, gradevole ma mai troppo "impegnativo", versatile e quindi sempre all'altezza di ogni situazione, al Lambrusco è bastato poco tempo per farsi tanti amici, anche al di fuori di questa terra emiliana che lo ha visto nascere.
Il Lambrusco è divenuto in breve, a partire dagli anni '70, il vino italiano più conosciuto e bevuto nel mondo, proprio grazie al suo carattere simpatico ed allegro.
Di antiche e nobili origini ha subito, nel corso degli anni, una lenta evoluzione che non ha prodotto modifiche sostanziali alle sue particolari caratteristiche, limitandosi invece ad affinarle ed esaltarle progressivamente.

Caratteristico del Lambrusco, che ha un volume alcolico intorno agli undici gradi, è il colore rosso rubino. Nella guida agli itinerari gastronomici del mensile Le vie d'Italia del 1940, su questo vino è stato scritto: " [...] ha il pregio dell'incomparabile innocuo diletto. Una cura di lambrusco asciutto, leggero, naturalmente e lievemente spumante, specie quello di certe annate, vale quella delle acque di Montecatini o Fiuggi: esso passa indisturbato senza insidie né per la testa, né per le gambe, né per l'intestino, lasciando soltanto, come traccia, un senso di ilare leggerezza.". Dette qualità sono assai conformi a quelle che, tre secoli prima, il medico bolognese Baldassarre Pisanelli asseriva dovessero appartenere al vino rosso: che sia di sostanza più sottile che sia possibile, splendido e chiaro, simile alla pietra chiamata rubino... Nutrisce molto bene, genera buon sangue, leva la sincope e fa vedere sogni grati la notte...I vini rossi sono tutti più nutrienti degli acquosi, per la loro grossezza gravano un poco lo stomaco, non ascendono al capo, non fanno imbriacare, ma se lo fanno: tardi si risolve... Dice Galeno che ha veduto gli Atleti usar tali vini per avere gran forza e ne hanno acquistata grandissima e nutrimento come di carne di Porco… ".

Il lambrusco nella versione secca, leggero e frizzante, si sposa benissimo con i piatti più grassi e saporiti, tipici della tradizione culinaria emiliana; nella versione amabile, invece, è un ottimo vino da dessert o da conversazione.
Il Lambrusco DOC, che nelle sue tre varietà accompagna, segue ed esalta ogni minimo cambiamento di gusto, ogni sottile variazione dei sapori e della composizione dei singoli piatti. E così il Lambrusco di Sorbara, per la sua nota aromatica pronunciata, l’elevata acidità, la leggerezza e la vivacità, è l’ideale compagno di tutte le paste asciutte farcite, nonché dello zampone tipico di Modena.
Il Lambrusco Grasparossa di Castelvetro, dal corpo più pieno ed intenso, si abbina perfettamente con primi ben conditi e dal gusto deciso quali maccheroni al pettine con ragù di coniglio o punte di asparagi, tagliatelle con i funghi ed arrosti, mentre il Lambrusco Salamino di S. Croce, per la sua particolare fragranza, sapore vinoso e buona stoffa, è l’ideale accompagnamento degli antipasti a base di salumi e formaggio parmigiano, dei tortellini in brodo ristretto, delle lasagne e della maggior parte dei secondi emiliani.

Confinare però il Lambrusco DOC unicamente ai piatti della gastronomia modenese o più genericamente a quelli emiliani è assai riduttivo: il Lambrusco DOC, per il suo carattere schietto ed esuberante, la sua vivacità e leggerezza, è protagonista ideale ogni qual volta ci sia voglia di bere in maniera informale, perché in grado di giocare a tutto campo, sposandosi magnificamente sia con i piatti tradizionali che con quelli di più recente ideazione.
Si direbbe che questo "nettare" sia stato baciato dalla fortuna, possedendo tutti i lati positivi del vino rosso senza appesantirsi di quelli negativi; fresco, profumato, tonico, giustamente tannico, estremamente digeribile perché moderatamente alcolico, piacevole senza mai essere troppo impegnativo, è un vino che si beve senza sforzo e senza problemi. Si gusta al meglio giovane e non ha bisogno di alcuna coreografia particolare per essere apprezzato. Sicuramente intrigante, vi consigliamo di provarlo anche negli abbinamenti gastronomici più inusuali, come con il piatto nazionale per eccellenza: la pizza. Già! Il vino rosso più famoso d’Italia può permettersi il suo piatto più famoso! Col risultato di celebrare un’unione veramente felice tra nord e sud: con pizze elaborate e in presenza di molteplici ingredienti, come nel caso delle "quattro stagioni" o con l’ottima pizza bianca con pancetta e rucola, niente è meglio del Lambrusco DOC, rosso, spumeggiante, in grado di esaltare il sapore di ogni componente e di ripristinare il palato per gustare al meglio le portate successive, coadiuvando al tempo stesso la digestione.


Siamo indubbiamente davanti ad un prodotto unico per diversi motivi: innanzitutto è prevalentemente un vino rosso frizzante, mentre la maggior parte dei vini frizzanti è bianca; esso va consumato giovane ad uno o, in rare eccezioni , massimo due anni dalla vendemmia. È un vino moderno attualissimo, a volte raffinato, ma che sa rendersi anche informale, data la sua ecletticità nelle varie tipologie che vanno dai toni più chiari dal gusto fine, come i Sorbara, ai Lambruschi corposi e scuri dei colli o del Mantovano. Il suo sapore particolare è fatto di equilibri caratteristici tra la gradevole acidità e i tannini,tra la sapidità vinosa di frutta matura e i sentori di viola,tra un corpo avvertibile e il suo lasciare piacevolmente percepire il frizzante. In tavola è insostituibile: la maggior parte delle paste con ripieno di carne, in brodo o meno, e le paste al forno Emiliano-Lombarde necessitano di essere accompagnate da questo vino. Tutti i tipi di insaccati cotti, zamponi e cotechini, e crudi come salami, mortadelle, prosciutti, tutti i tipi di bollito e in genere la saporita carne di maiale comunque proposta, cercano l'abbinamento ottimale con esso, capace con la sua equilibrata e gradevole acidità di bilanciare e equilibrare questi piatti. Ai lambruschi della riviera del Po da sempre si accostano i pesci del fiume, dalle anguille ai branzini, così come i piatti di campagna quali lo stracotto d'asino e la polenta. Non trascureremo poi il re dei formaggi, il Parmigiano Reggiano, che in queste zone è fisicamente nato in simbiosi con questo vino.
Il Lambrusco può accompagnare la cucina di tutti i giorni perché non è molto alcolico e non pregiudica il proseguimento della giornata, anzi la sua dote di frizzante freschezza favorisce una felice digestione.Nei momenti importanti però sa essere di grande aiuto perché può ricoprire ruoli difficilmente colmabili, dall'aperitivo, nella versione secca, al dolce, nella versione amabile.

Il Lambrusco ha una caratteristica unica che lo rende riconoscibile tra tanti vini: la spuma che orla il bicchiere quando viene versato. Questa sua frizzante capacità nasce spontaneamente e naturalmente dai processi di vinificazione capaci di trasformare gli zuccheri in anidride carbonica e alcool. Esistono 3 tipi di vinificazione per il Lambrusco:
• la rifermentazione in bottiglia: un tempo i cantinieri dopo la prima fermentazione e le successive filtrazioni si avvalevano della forte escursione termica invernale che di fatto interrompeva la fermentazione per farla riprendere nella primavera successiva quando avendo proceduto all'imbottigliamento avveniva la rifermentazione direttamente nella bottiglia. Oggi alcuni produttori ripropongono questa tecnica ovviamente senza la necessità di avvalersi dei rigori invernali per interrompere la fermentazione naturale. È una riscoperta della tradizione nei suoi aspetti più genuini magari esponendo anche il prodotto a caratteristiche disomogenee ma che tuttavia salvaguardano il fascino e il piacere di sapori ritenuti oramai perduti.
• Metodo Classico (o Champenois): l’antica tecnica prima descritta integrata da passaggi diversi e impegnativi,è ancor oggi con accorgimenti e miglioramenti,sostanzialmente adottata da pochi ma agguerriti produttori quasi sempre di piccole dimensioni.
Essa richiede che il mosto fermentato sui lieviti selezionati sia lasciato per diverso tempo a contatto con essi onde poter sprigionare tutto il proprio patrimonio di profumi e aromi.
Dopo successive filtrazioni il vino ricco di residui zuccherini, viene fatto riposare in botte o in contenitori in attesa dell'imbottigliatura che avviene nei primi mesi dell'anno successivo alla vendemmia. Da qui nella bottiglia avviene la rifermentazione ossia la trasformazione degli zuccheri rimasti in alcool e anidride carbonica disciolta nel vino. Il vino in bottiglia viene sottoposto al "remuage" ossia allo stazionamento a collo verso il basso con quotidiano quarto di giro della bottiglia fatto manualmente ad opera di un addetto. I residui fermentativi vengono poi eliminati, attraverso le tecniche di "degorgement" tipiche degli spumanti classici, sia col raffreddamento sottozero del collo della bottiglia, e la successiva detappazione con fuoriuscita dei residui, sia con una operazione chiamata a "la volè" che implica una grande abilità dell'operatore preposto il quale deve, con un movimento rapido, far uscire i residui dal collo della bottiglia e procedere a una pronta ritappatura dopo aver riportato al giusto livello il contenuto della stessa.
• Metodo Charmat: questo metodo, adottato nel 95 % della produzione, consiste nel riporre il vino ottenuto dalla fermentazione in contenitori in acciaio o di altro materiale detti autoclavi, nei quali attraverso l'aggiunta di filtrato dolce o mosti concentrati ricavati esclusivamente da uve di lambrusco, si ottiene con l'ausilio di temperature controllate, una ottimale presa di spuma. Il metodo dal punto di vista commerciale offre numerosi vantaggi che si evidenziano nel poter imbottigliare a diverse riprese nell'arco dell'anno ottenendo di fatto vini sempre giovani a seconda della richiesta di consumo. Altra caratteristica è che vengono eliminati gli inconvenienti legati ad una marcata variabilità del prodotto che risulta invece omogeneo nelle sue caratteristiche.
Anche la trasportabilità del prodotto beneficia di questo procedimento essendo meno sensibile agli sbalzi di temperatura.
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